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- Le radici e le ali - La giustizia militare nel contesto europeo ed internazionale

data 01/03/2018

- Le radici e le ali - La giustizia militare nel contesto europeo ed internazionale L'identità della giustizia militare tra passato e futuro

INTERVENTO IN OCCASIONE DELLA

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2018

 

Saluto le Autorità civili e militari intervenute a questa cerimonia.

Desidero innanzi tutto esprimere la mia gratitudine al Consiglio della Magistratura Militare per aver accolto anche quest’anno la richiesta di dare la parola alla magistratura militare associata in occasione dell’odierno importante evento. Credo che sia un segno di considerazione per l’attività svolta dalla Associazione, che si inserisce in un rapporto consolidato di profonda e leale collaborazione tra l’organo di autogoverno e il nostro sodalizio.

 

1) La situazione attuale e le proposte “storiche” dell’AMMI. Nihil novi sub soli.

 

Il rischio che si corre in occasione di questa cerimonia è quello di riproporre le medesime riflessioni, di volta in volta, sullo stato e sulle prospettive della giustizia militare.

Lo scorso anno, abbiamo dovuto denunciare con rammarico il disinteresse sostanziale da parte della politica per le problematiche relative alla giustizia militare e in particolare per una riforma del diritto penale sostanziale, che abbiamo indicato come la chiave di funzionamento della giustizia militare.

Avevamo invitato Governo e Parlamento ad agire, non senza riflettere sul fatto che non si può intervenire sull’assetto ordinamentale con tagli di varia natura o con improbabili forzature costituzionali, se prima non si è deciso quale modello di giustizia militare si intenda adottare, cioè quali scopi perseguire e tramite quali leggi penali. In altre parole, in primo luogo occorre individuare il bene/interesse da proteggere e dunque quali norme penali sia necessario ed opportuno applicare in questo settore. Solo di conseguenza si potrà scegliere l’assetto ordinamentale più idoneo a realizzare lo scopo e dunque se e quanti uffici servano all’uopo e quanti magistrati occorrano, e non viceversa.

Negli ultimi dodici mesi la situazione di stallo si è ulteriormente protratta.

La posizione dell’AMMI è ben nota.

Non spenderò nuove parole sull’importanza delle Forze Armate, come uno degli strumenti principali della politica estera nazionale, né sul fatto che esse, come Istituzione, hanno una identità, un repertorio di valori e una organizzazione non assimilabile a quelli di qualsiasi altra pubblica amministrazione: circostanze, queste, che di per sé sole giustificano ampiamente la attualità della giurisdizione militare come giurisdizione speciale.

Né mi soffermerò ancora una volta sulla risposta giudiziaria rapida, peculiare della nostra giurisdizione, in cui non sono parole retoriche la garanzia dei diritti dei militari e la tutela della legalità nelle Forze Armate, nella prospettiva del mantenimento della loro efficienza e operatività.

Esse sono caratteristiche che si stagliano in maniera icastica a fronte dello stato di gravissima crisi della giurisdizione ordinaria, che –benché i magistrati ordinari siano tra i più “produttivi” d’Europa- appare avvolta in una spirale senza uscita, in considerazione dei tempi biblici della durata dei procedimenti, che non di rado si concludono con una sentenza dichiarativa di prescrizione.

 

Come Associazione, abbiamo insistito sulla necessità di procedere alla riforma dei codici penali militari attribuendo maggiori competenze alla magistratura militare, con corrispettivo sgravio di lavoro per i magistrati ordinari.

Come è risaputo, abbiamo elaborato proposte di riforma del codice penale militare di pace, presentate sotto forma di disegni di legge da alcuni parlamentari di entrambe le Camere nel corso della legislatura appena conclusa, secondo due direttrici alternative:

1) la revisione della nozione di “reato militare” prevista dall’art. 37 c.p.m.p., mediante la qualificazione, come tale, di quel reato che manifesti una specifica offensività per la presenza di elementi peculiari, considerati in rapporto agli interessi militari. Si fa riferimento a ogni violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di un altro militare.

Tale modifica dell’articolo 37 del codice penale militare di pace comporterebbe all’evidenza un ampliamento della giurisdizione militare

2) la soluzione alternativa, di razionalizzazione del sistema, tesa a meglio regolare la linea di demarcazione delle due giurisdizioni, si limiterebbe invece a attribuire alla giurisdizione militare alcuni delitti, oggi perseguiti innanzi ai tribunali ordinari, tra cui: il peculato d’uso; le condotte di falso strumentali alla realizzazione, da parte di militari, di un peculato militare o di una truffa a danno della amministrazione militare; le fattispecie di violenza privata e di violenza sessuale, mediante le quali si intende contrastare fenomeni di prevaricazione tra militari (tra cui il cosiddetto “nonnismo”), spesso commessi in danno di donne militari.

Quanto alla disciplina penale per le missioni all’estero, poi, ribadiamo la necessità di norme specifiche e moderne.

Anche su questo tema, l’AMMI ha elaborato alcune disposizioni specifiche di diritto penale sostanziale. In estrema sintesi, reputiamo che –previa abrogazione degli articoli 9 e 165, comma 3, del codice penale militare di guerra- sia opportuna l’introduzione di una norma che contempli come reato militare, oltre a quanto previsto nel codice penale militare di pace (così come prevede la recente L. 145/2016), ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare ovvero con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti allo stato di militare e prevista come delitto dal codice penale e dalle leggi in materia di armi e stupefacenti, oltre che ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trova nei territori di operazioni all’estero.

Su tutti questi aspetti, ribadiamo la disponibilità al confronto ed auspichiamo che i rinnovati organi politici mostrino attenzione e sensibilità.

 

2) Le radici e le ali. La nostra Storia e l’identità della giustizia militare.

 

Come magistrati militari, auspichiamo che l’azione del nuovo Consiglio della magistratura militare e la politica del nuovo Ministro della Difesa, quale “Ministro della giustizia militare”, siano tese non già a ripercorrere acriticamente le tracce della Giustizia ordinaria e degli omologhi organi ordinari, ma a apprezzare, valorizzare ed rafforzare quelli che sono i punti di forza della Giustizia militare, sopra ricordati: la specialità della giurisdizione militare (che si traduce in “professionalità” e “celerità” nella trattazione e definizione dei procedimenti) e l’integrazione con il sistema Difesa e le Forze Armate.

Ciò può avvenire, tra l’altro, incrementando in futuro i momenti di formazione professionale -anche congiunta con i militari- e procedendo alla revisione della normativa secondaria, in una prospettiva moderna e di ampio respiro.

Ma non solo: occorre mantenere lo sguardo rivolto al futuro e sviluppare una riflessione sulla identità e sulle prospettive della Giustizia militare. E allora, per chiederci chi siamo e come vogliamo costruire il futuro della nostra Istituzione, in quanto parte della classe dirigente di questo Paese, non possiamo non interrogarci sulle nostre radici e sul percorso che è stato fatto.

Ricorre quest’anno il centesimo anniversario della vittoria nella Grande Guerra, l’evento fondamentale attraverso cui fu portata a termine l’unità nazionale, a coronamento della lotta per l’indipendenza intrapresa durante il Risorgimento. Appare altamente significativo il fatto che oggi –insieme, magistrati e militari- celebriamo l’inaugurazione dell’anno giudiziario in questo suggestivo edificio dedicato ai combattenti di quella guerra, la Casa dei Mutilati e degli Invalidi, costruito con la forma e le fogge di un tempio, a celebrare la sacralità della Patria. Sulle pareti decorate dai magnifici affreschi che ricordano il sacrificio e il coraggio dei nostri soldati, si leggono le parole del Proclama del XXIV Maggio, con cui si spronarono gli Italiani in armi: “A voi la gloria di piantare il tricolore sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l'opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri”. Sono parole che suonano ancora attuali, perché quell’opera fu portata a termine, con la liberazione di Trieste e Trento, e la Patria –la nostra Patria di oggi- fu finalmente unita.

Un secolo è passato -il “secolo breve”, come è stato definito dallo storico Eric Hobsbawm: ricco di lotte, sconfitte, conquiste- attraverso cui l’Italia è cresciuta e la nostra Repubblica ha acquisito un ruolo fondamentale nel consesso europeo ed internazionale.

Ebbene, non è casuale allora che in questa sala, accanto a quegli affreschi, in una mirabile sintesi dei caratteri della nostra Storia e della nostra identità, siano esposte le bandiere degli Stati membri dell’Unione europea, a ricordare l’impegno dell’Italia al fianco degli altri Paesi del vecchio continente, con i quali condivide storia, valori, tradizioni e al fianco dei quali è oggi impegnata sulla scena politica mondiale.

Questa sala racchiude perciò in maniera icastica la nostra identità di oggi, di cittadini italiani e al tempo stesso europei, della quale siamo orgogliosi. Lungo questa strada già tracciata occorre procedere ancora per costruire il nostro futuro.

 

Consentitemi dunque di guardare alle iniziative da ultimo intraprese in questa direzione.

Esattamente un anno fa, nel marzo 2017, la Commissione Europea ha reso pubblico il White paper on the future of Europe, a cui ha seguito –tra gli altri- nel mese di giugno, il Reflection paper on the future of European Defence.

Nel novembre 2017, è stata data vita a una Permanent Structured Cooperation che, nelle intenzioni di alcuni Stati membri, dovrebbe costituire la base per lo sviluppo di un esercito comune europeo.

Già nel mese di ottobre, l’Italia aveva presentato il proprio documento For a stronger European Defence: the Italian vision.

Le premesse condivise prendono atto del cambiamento della scena politica globale e, su questa base, sviluppano ipotesi e prospettive sulla Difesa comune. L’Italia ritiene essenziale una Strategia per la Difesa europea, da mettere in atto con un approccio multidisciplinare da sviluppare nell’ambito della politica estera.

 

In tale contesto, alla Giustizia militare si aprono vaste prospettive.

Essa, in ragione del carattere di specialità attribuitole dalla Costituzione, già concorre a pieno titolo nel perseguimento degli obiettivi di Difesa della Patria. Le nuove iniziative nell’ambito del Sistema di Difesa europeo non possono non coinvolgere anche la Giustizia militare, così come le altre giustizie militari europee. Le norme penali applicabili, taluni aspetti delle procedure giudiziarie e alcuni profili organizzativi, che ne favoriscano l’operatività senza pregiudicare l’indipendenza della giustizia, ben possono essere ridefiniti anche a livello sovranazionale per gli aspetti di interesse comune agli altri Stati membri. Essi sono di sicuro interesse per la nuova istituzione militare che sorge sulla base di cooperazione permanente.

In questo settore è certo fondamentale il ruolo delle Autorità politiche con riguardo alle scelte di fondo. Ma un ruolo di non poca importanza potranno svolgerlo –per quanto rispettivamente loro compete- i vertici militari e i magistrati militari stessi nell’individuare e sviluppare nuovi spazi di azione, dando concretezza a quell’approccio multidisciplinare sopra ricordato.

 

Roma, 1° marzo 2018

Gabriele Casalena