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Giustizia militare e "Sistema Difesa"

data 03/03/2017

Le proposte dell'AMMI

INTERVENTO IN OCCASIONE DELLA

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2017

 

Saluto le Autorità civili e militari intervenute a questa cerimonia.

E’ la prima volta che il Presidente della Associazione dei Magistrati Militari è invitato a prendere la parola in questa sede. Desidero ringraziare vivamente il prof. Scaglione –quale Vice Presidente del Consiglio della Magistratura Militare- ed il Consiglio tutto per questo invito. Mi piace pensare che la considerazione in cui è stata tenuta l’AMMI derivi dalla elevata rappresentatività della nostra Associazione, a cui aderisce oggi la quasi totalità dei magistrati militari, e costituisca dunque un gradito segno di attenzione nei loro confronti, anche in ragione delle proposte presentate in questi anni.

Si è soliti riconoscere che il contenuto degli interventi in occasione della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario sia costante nel tempo, anno dopo anno, nel denunciare la insufficienza normativa  in materia e la conseguente crisi della giustizia militare.

La voce della magistratura militare associata si unisce in un certo senso a questo coro, ma può offrire una diversa visuale e prospettive nuove, anche in ragione della maggiore libertà nell’esprimerci che ci deriva dal fatto che interveniamo in questa sede come Associazione di natura privata e non come rappresentanti di pubblici Uffici e Istituzioni.

E’ con rammarico che dobbiamo denunciare un disinteresse sostanziale da parte della politica per le problematiche relative alla giustizia militare. E in particolare costituisce fonte di amarezza il disinteresse per una riforma del diritto penale sostanziale, che è la vera chiave di funzionamento della giustizia militare.

Ad oggi, le ipotesi di intervento normativo che sono state prese in considerazione dal Governo riguardano al contrario l’assetto ordinamentale e l’organizzazione degli Uffici giudiziari: mi riferisco non tanto al Libro Bianco della Difesa, in cui è succintamente auspicata in via programmatica la costituzione di sezione specializzate in seno alla giustizia ordinaria, ma soprattutto alle iniziative tentate dall’Esecutivo in questi ultimi anni: una modifica ordinamentale che prevedeva la costituzione di un Tribunale militare per l’estero e la contestuale soppressione degli uffici giudiziari di Napoli e Verona, inserita nella Legge di Stabilità 2015 e un ventilato progetto di costituire sezioni specializzate a Costituzione vigente, quindi senza alcuna previa modifica dell’art. 103 Cost. Iniziative, queste, frutto di una visione miope e di basso profilo, secondo cui la giustizia militare va considerata non come una preziosa risorsa che costituisce parte integrante del potere giudiziario, ma come una qualunque Amministrazione pubblica, con articolazioni da tagliare in ragione di risparmi di spesa solo presunti e con il rischio concreto di promuovere e adottare norme incostituzionali. Tutto questo ci dispiace, innanzi tutto, come cittadini.

L’invito che noi rivolgiamo a Governo e Parlamento è un invito ad agire, ma è anche un invito alla riflessione.

Siamo convinti che non si possa intervenire sull’assetto ordinamentale (a meno di non voler agire in modo superficiale e estemporaneo) se prima non si è deciso quale modello di giustizia militare si intenda adottare, cioè quali scopi perseguire e tramite quali leggi penali.

In altre parole, in primo luogo occorre individuare il bene/interesse da proteggere e dunque quali norme penali sia necessario ed opportuno applicare in questo settore. Solo di conseguenza si potrà scegliere l’assetto ordinamentale più idoneo a realizzare lo scopo e dunque se e quanti uffici servano all’uopo e quanti magistrati occorrano. Non viceversa!

 

IL QUESITO

 

E allora, bisogna rispondere al grande, preliminare quesito: è oggi attuale, opportuna, necessaria una giurisdizione militare?

 

Le sfide e le minacce contemporanee hanno reso le Forze Armate uno degli strumenti principali della politica estera nazionale; esse sono uno dei biglietti da visita dell’Italia nel mondo.

Come Istituzione, hanno una identità, un repertorio di valori e una organizzazione assimilabile a quelli di qualsiasi altra pubblica amministrazione?

E’ necessario garantire i diritti dei militari e allo stesso tempo tutelare la legalità nelle Forze Armate, mantenendone l’efficienza e la operatività anche mediante una risposta giudiziaria rapida –e non secondo i tempi biblici della giustizia ordinaria, afflitta, tra i tanti, dal flagello della prescrizione- agli illeciti che si verificano?

Se la risposta è “NO”, signora Ministro, siate coerenti e abrogate l’articolo 103, comma 3, della Costituzione, attribuendo la materia alla giurisdizione ordinaria. Sarebbe più proficuo forse, a questo punto, depenalizzare le fattispecie di reato militare, degradandole a meri illeciti disciplinari, sì da consentire almeno la irrogazione di una sanzione –pur minima- ma in tempi veloci.

Se la risposta è “SI”, signora Ministro, questa giurisdizione militare deve funzionare appieno e le si deve dare la possibilità di applicare norme moderne, assicurando la adeguata tutela del bene/interesse del buon funzionamento delle Forze Armate.

Come Associazione, abbiamo sempre assunto un atteggiamento costruttivo, formulando proposte che purtroppo non sono state raccolte dal dicastero della Difesa.

Il nostro gruppo di studio, costituito da colleghi iscritti all’AMMI per elaborare proposte normative da sottoporre all’attenzione degli organi politici, ha prodotto alcuni documenti, uno dei quali è il progetto di razionalizzazione del quadro normativo penale, ricordato in questa sede lo scorso anno dal prof. Scaglione, pubblicato sulla Rassegna della Giustizia militare e tuttora consultabile sul nostro sito www.associazionemagistratimilitari.it .

Oggi, la giurisdizione militare è una giurisdizione monca, che, come è stato detto, agisce a “macchia di leopardo”, con una ripartizione di competenze con la giurisdizione ordinaria articolata in maniera del tutto irrazionale.

 

LE POSSIBILI SOLUZIONI

 

1) Riteniamo che la soluzione più lineare in termini assoluti consista nella revisione della nozione di reato militare prevista dall’art. 37 c.p.m.p., e nel riconsiderare dunque il confine tra la giurisdizione ordinaria e quella militare.

La modifica all’articolo 37 del codice penale militare di pace proposta dalla nostra Associazione comporta un ampliamento della giurisdizione militare richiedendo la presenza, nel fatto e nelle sue circostanze, dell’interesse militare: il che avviene mediante la qualificazione come «reati militari» di quei reati che manifestano una specifica offensività per la presenza di elementi peculiari, considerati in rapporto agli interessi militari. Ciò si riscontra in ogni violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di un altro militare.

La nostra proposta risponde ad esigenze di garanzia per il militare indagato, che sarà sottoposto ad un procedimento solo anziché a due, innanzi a due diverse Autorità giudiziarie. Infatti, attualmente in numerosi casi l’accertamento dei medesimi fatti è attribuito sia all’Autorità giudiziaria militare che all’Autorità giudiziaria ordinaria, a ciascuna delle quali spetta la cognizione di reati diversi anche se tra loro connessi. Inoltre, l’intervento è giustificato dalla necessità di conferire efficienza ed economicità al sistema, evitando una inutile e dispendiosa duplicità di procedimenti. Da ultimo, lo spostamento di competenze consentirebbe di ridurre l’enorme contenzioso che grava sulla giustizia ordinaria -caratterizzata da inefficienze, difficoltà e tempi lunghissimi nel fornire risposte ai cittadini- e contestualmente attribuirebbe un maggior carico di lavoro ai magistrati militari, oggi sottoutilizzati.

In questa direzione, vanno le proposte di legge dell’On. Cirielli (Atto Camera: 41: "Modifica all'articolo 37 del codice penale militare di pace, concernente la definizione di reato militare") e degli On.li Marotta e Sammarco (Atto Camera: 4172: "Modifiche al codice penale militare di pace e altre disposizioni in materia di reati militari"). Quest’ultima proposta è stata presentata dai due predetti Deputati raccogliendo indicazioni dell’AMMI anche riguardo ad aspetti tecnici relativi a fattispecie specifiche (peculato e altro), oltre che alla abrogazione di norme obsolete o vessatorie (come, per esempio, i reati di duello o di danneggiamento colposo).

 

2) Ma vi è una soluzione subordinata, meno invasiva, di razionalizzazione del sistema, tesa a meglio regolare la linea di demarcazione delle due giurisdizioni.

Questa seconda proposta dell’AMMI è stata raccolta dal Sen. Francesco Molinari ed in questi giorni è in corso di presentazione al Senato una iniziativa legislativa in tal senso.

Si tratta di poche disposizioni, che consentirebbero una più efficace tutela degli imputati ed un più adeguato e completo esercizio della giurisdizione senza pregiudicare eventuali future e più integrali riforme che potrebbero richiedere anche una revisione costituzionale.

Circa i reati contro l’amministrazione militare, si è proceduto ad effettuare alcune modifiche tese ad armonizzare i reati militari con le disposizioni riformatrici dei reati comuni omologhi introdotte dalla legge 26 aprile 1990, n. 86 (recante modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), dalla legge 29 settembre 2000, n. 300 (recante ratifica ed esecuzione di atti internazionali elaborati in base all'articolo K. 3 del Trattato dell'Unione europea sulla lotta contro la corruzione ed altro), nonché dalla recente legge 27 maggio 2015, n. 69 (cd. “Legge anticorruzione”, recante disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio).

Si è pertanto riformulata la fattispecie del peculato militare di cui all’art. 215 c.p.m.p. modificando anche la pena e prevedendo l’assorbimento del reato di malversazione a danno di militari (ora punito dall’art. 216 c.p.m.p.).

E’ stato inoltre aggiornato il codice penale militare di pace con il reato di peculato d’uso, la cui mancanza sinora è stata spesso causa di duplicazione di procedimenti, con conseguente disagio per gli imputati e spreco di risorse. Infatti, attualmente costituisce reato militare il peculato, ma non il peculato d’uso ad esso connesso, che invece è punito oggi solo dal codice penale.

Si è prevista specularmente la modifica del delitto punito dall’art. 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383.

Sono state riferite ai reati militari contro l’amministrazione militare le norme in materia di confisca e riparazione pecuniaria già introdotte nel codice penale per gli omologhi reati comuni, da ultimo dalla “legge anticorruzione”.

E’ stata poi contemplata l’attribuzione alla autorità giudiziaria militare delle condotte di falso strumentali alla realizzazione, da parte di militari, di un peculato militare o di una truffa a danno della amministrazione militare. Infatti, ad oggi per il medesimo fatto storico si verifica una duplicazione di procedimenti tra giurisdizione militare –per il peculato o la truffa- e giurisdizione ordinaria –per il connesso reato di falso. L’intervento normativo intende dunque evitare agli imputati l’onere di affrontare due diversi processi per la medesima vicenda e perseguire l’efficienza della amministrazione della giustizia e risparmi di spesa mediante la celebrazione di un procedimento unitario.

E’ stata prevista come reato militare la fattispecie di omicidio, anche al fine di evitare la irrazionale attribuzione alla giurisdizione ordinaria dell’omicidio tra pari grado, mentre alla giurisdizione militare compete oggi il reato di omicidio di altro militare, solo se avente grado superiore o inferiore.

La previsione come reati militari delle fattispecie di violenza privata e di violenza sessuale intende contrastare fenomeni di prevaricazione tra militari (tra cui il cosiddetto “nonnismo”), spesso commessi in danno di donne militari.

L’approvazione di queste norme lascerebbe impregiudicato ogni ulteriore intervento sull’assetto ordinamentale della giustizia militare.

 

3) Se poi l’orientamento della politica sarà opposto a quello da noi auspicato e cioè sarà quello di smantellare la giustizia militare, anche mediante la costituzione di sezioni specializzate, l’Associazione –pur essendo contraria a tale soluzione- resterà sempre disponibile a sedersi a un tavolo di discussione.

In tal caso, però, si dovrà mantenere ben ferma un’idea di fondo: la giurisdizione militare è oggi una giurisdizione speciale, al pari della giurisdizione amministrativa e di quella contabile. Tutte, al contrario di quella ordinaria, presentano caratteri omogenei, tra l’altro perché assicurano la giustizia in via esclusiva in specifici settori dello Stato. Si dovrà perciò considerare il fatto che i magistrati militari, nel caso in cui si opti per la soppressione della giurisdizione militare speciale, possano continuare a svolgere le proprie funzioni nelle suddette giurisdizioni “gemelle”, il che certamente avverrebbe senza particolari difficoltà (si pensi, per esempio, alla circostanza che il procedimento per danno erariale presso la Corte dei conti ricalca le linee del procedimento penale, senza considerare il fatto che molti magistrati militari esercitano già oggi anche le funzioni di giudice tributario).

 

LA GIUSTIZIA MILITARE E LE MISSIONI ALL’ESTERO

E’ stata ricordata la necessità di norme specifiche e moderne che regolamentino le missioni all’estero.

L’AMMI ha elaborato anche alcune disposizioni specifiche di diritto penale sostanziale per le missioni all’estero. In estrema sintesi, reputiamo che –previa abrogazione degli articoli 9 e 165, comma 3, del codice penale militare di guerra- sia opportuna l’introduzione di una norma che contempli come reato militare, oltre a quanto previsto nel codice penale militare di pace (così come prevede la recente L. 145/2016), ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare ovvero con abuso dei poteri o i violazione dei doveri inerenti allo stato di militare e prevista come delitto dal codice penale e dalle leggi in materia di armi e stupefacenti, oltre che ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trova nei territori di operazioni all’estero.

Anche su questo tema, siamo disponibili al confronto.

Da ultimo, mi piace ricordare in questa sede non solo la vasta giurisprudenza militare in tema di crimini di guerra e la ricca opera scientifica di magistrati militari in tema di diritto internazionale umanitario, ma anche il contributo della magistratura militare con attività istituzionali all’estero.

Mi riferisco al monitoraggio e alla riflessione giuridica sulla giurisprudenza delle Corti penali internazionali, e alla partecipazione alle missioni europee nell’ambito della Politica Europea di Sicurezza e di Difesa, sia mediante l’esercizio di funzioni giudiziarie nel sistema delle corti internazionalizzate del Kosovo, sia mediante attività di sostegno alle istituzioni giudiziarie e di polizia dell’Iraq, della Rep. Democratica del Congo e di quella del Mali nel settore della Rule of Law.

E’ anche questo un contributo concreto nell’ambito dell’Amministrazione della Difesa nazionale ed europea, e un esempio tangibile della specifica identità dei magistrati militari.

 

Roma, 3 marzo 2017

Gabriele Casalena

Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Militari