Il riparto di giurisdizione de iure condendo
data 09/07/2017
Le proposte dell'AMMI, nel corso del convegno su "Giurisdizione ordinaria e giurisdizione militare tra concorso di norme e fattispecie di confine", tenutosi presso la Corte di Appello di Roma il 9 giugno 2017
CONVEGNO
GIURISDIZIONE ORDINARIA E GIURISDIZIONE MILITARE TRA CONCORSO DI NORME E FATTISPECIE DI CONFINE
Corte di Appello di Roma, Sala Unita d'Italia, 9 giugno 2017
Il riparto di giurisdizione de iure condendo
Gabriele Casalena
Giudice militare, Presidente dell’AMMI (Associazione Nazionale Magistrati Militari)
In ogni incontro di studio che si rispetti, non può mancare il tema della disciplina de iure condendo: più che mai nel nostro caso, fatta l’analisi critica della normativa di settore, ci si interroga su quali siano le riforme auspicabili.
Si tratta di un quesito non nuovo, anzi antico, perché –come cercherò di illustrare- da oltre mezzo secolo esso pende senza risposta da parte del potere politico.
1) L’originario regime normativo del riparto di giurisdizione e la disciplina introdotta dalla L. 23 marzo 1956, n. 167 e tuttora vigente.
Nel corso della prima giornata dell’incontro di studi, si è censurato il fatto che il Legislatore dei nostri tempi non di rado interviene sull’onda emotiva della pubblica opinione riguardo ad “emergenze”, reali o presunte, o a casi di cronaca che spaziano dallo stalking alla pericolosità dei cani senza guinzaglio, dalla violenza sessuale alle industrie inquinanti, dalle intercettazioni alla legittima difesa.
Per quanto riguarda la nostra giurisdizione, noi magistrati militari non solo siamo pochi, ma non abbiamo neppure peso politico, e di solito ci occupiamo di reati che non colpiscono l’immaginazione del grande pubblico, non attirano l’attenzione della stampa e non toccano le corde della sensibilità di Governo e Parlamento. Forse è per questo motivo che non riusciamo a innescare un meccanismo virtuoso di riforma dell’assetto del riparto di giurisdizione.
In realtà, non sempre è stato così. E’ accaduto una volta che abbiamo attirato la considerazione del Legislatore.
Ahinoi!, dovremmo dire, perché l’origine dei nostri mali deriva proprio da un intervento derivante da un fatto specifico di tanti anni fa.
Mi riferisco alla vicenda “Renzi – Aristarco” riguardante la pubblicazione di un soggetto cinematografico intitolato “L’Armata s’agapò”[1]: vicenda nota a molti, ma non a tutti e che qui è d’obbligo rammentare.
Nell’anno di grazia 1953, Renzo Renzi e Guido Aristarco, sceneggiatori e critici cinematografici, diedero alle stampe su una rivista una sceneggiatura riguardante l’intervento militare in Grecia in occasione del conflitto bellico. La tesi dei due autori era che i soldati italiani fossero partiti per corteggiare le ragazze elleniche, forse perché ritenute discendenti di Afrodite: prospettiva certo interessante, ma che mal si attagliava al concomitante esercizio delle discipline di Marte.
A seguito di ciò, era stata aperto un procedimento penale da parte dell’Autorità Giudiziaria Militare nei confronti del Renzi e dell’Aristarco, che per un breve periodo erano stati anche ristretti nel carcere di Peschiera sul Garda. I magistrati militari avevano infatti ravvisato nella condotta dei due il delitto di vilipendio alle Forze Armate: reato –si noti bene- comune, ma perseguito dalla giustizia militare in forza dell’art. 264 c.p.m.p.[2] vigente all’epoca, che consentiva all’A.G.M. la contestazione ai militari della violazione di alcune categorie di illeciti previsti dal codice Rocco.
E’ noto che il codice penale militare di pace tuttora in vigore risale al 1941.
Esso era stato concepito secondo il principio di complementarietà con il codice penale, reso esplicito appunto dal citato art. 264. In altre parole, erano attribuiti alla giurisdizione militare sia i reati comuni elencati dal citato articolo, sia i delitti indicati nel codice penale militare di pace, cioè le fattispecie non costituenti reato comune, per l’entità della pena o altre particolarità. Reati militari e reati cd. militarizzati rendevano la giurisdizione militare razionale, completa e coerente.
Il codice militare si basava su questo sottile equilibrio, che conferiva al testo normativo caratteri di organicità e sistematicità anche in rapporto alle fonti regolatrici della giurisdizione.
Tornando a Renzi e Aristarco, va poi osservato che essi erano perseguiti nella loro qualità di “appartenenti alle Forze Armate”[3], in quanto militari in congedo[4]. Infatti, l’art. 263 c.p.m.p.[5] dell’epoca, nel determinare i limiti della giurisdizione militare in relazione alle persone e ai reati militari, rimandava alla categoria delle persone alle quali è applicabile la legge penale militare individuata da altri articoli del codice, che facevano riferimento anche ai militari in congedo[6].
Solo in tempi relativamente recenti la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 263 c.p.m.p., nella parte in cui assoggetta alla giurisdizione militare la categoria delle persone alle quali è applicabile la legge penale militare (come all’epoca il Renzi e l’Aristarco, nella loro qualità di “appartenenti alle Forze Armate”), anziché i soli militari in servizio alle armi al momento del commesso reato[7].
La classe politica dell’epoca, turbata dall’iniziativa giudiziaria sopra ricordata -che oggi appare bizzarra, e che certo era opinabile anche a quei tempi- si industriò per limitare la giurisdizione militare e non trovò migliore soluzione della modifica dell’art. 264 c.p.m.p., che venne disposta con la legge 23 marzo 1956, n. 167[8]. Si trattava in sostanza di una legge ad personas, per usare un’espressione divenuta di moda in tempi più recenti, per sottrarre i due sceneggiatori Renzi e Aristarco al processo militare.
Ma soprattutto, così facendo, si apriva il vaso di Pandora, causa nei decenni a venire di tutti i mali relativi al riparto tra le giurisdizioni e soprattutto di una giurisdizione militare dimidiata e irrazionale, che opera tutt’oggi a macchia di leopardo.
2) Le riforme proposte e quelle auspicabili.
E’ stato rimarcato ieri che la Costituzione pone alcuni “chiodi”[9]: punti fermi che hanno una loro ratio e una loro attualità.
Il primo, ben fisso e ineludibile, è costituito dall’art. 103, comma 3 che sancisce la natura speciale della giurisdizione militare.
Tanto premesso, in estrema sintesi, è possibile distinguere le proposte di intervento sulla giurisdizione militare in “abrogative”, “riduttive” ed “ampliative”, con alcune sfumature nell’ambito di ciascuna delle categorie.
I) Le proposte soppressive della giurisdizione militare presuppongono l’abrogazione o la modifica dell’art. 103, comma 3, Cost. Alcune di esse postulano tout court la soppressione di tale disposizione, mentre altre prevedono contestualmente la costituzione di sezioni specializzate nell’alveo della giurisdizione ordinaria[10].
La posizione dei proponenti è chiara: la giustizia militare costa troppo, sostengono, e “produce” poco in termini statistici, sicché ci si metta una pietra sopra e non se ne parli più.
II) Le iniziative di carattere ulteriormente limitativo della giustizia militare auspicano in via eminente una riduzione della struttura organizzativa, da attuare mediante la chiusura degli uffici giudiziari di Napoli, di Verona e del Tribunale di sorveglianza[11].
Il desiderio non espresso apertis verbis è pur sempre quello di farla finita con la giustizia militare per le ragioni anzidette. Si prende però atto della lunghezza e delle difficoltà della procedura di revisione costituzionale e si opta quindi per una proposta di legge ordinaria, la cui eventuale approvazione condannerebbe la giustizia militare alla irrilevanza e alla sostanziale inesistenza.
III) Le proposte ampliative della giurisdizione militare ne valorizzano i caratteri di specialità.
Tra i “chiodi” costituzionali si è ricordato l’art. 52 della Costituzione, che sancisce la “sacralità” del dovere del cittadino in divisa.
E’ superfluo ricordare che, rispetto alle altre Amministrazioni dello Stato, la Difesa presenta tratti tipici che la distinguono in modo inequivoco. E’ pacifico che la Costituzione repubblicana superi radicalmente la logica istituzionalistica dell'ordinamento militare, ricondotto anche quest'ultimo nell'ambito del generale ordinamento statale. Tuttavia, essa –a differenza di quanto previsto per qualsiasi altra Amministrazione pubblica- impone ai militari regole proprie (informate tra l’altro al principio di gerarchia) e doveri di onore, fedeltà e disciplina particolarmente intensi, che possono richiedere persino il sacrificio della vita per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere Istituzioni.[12]
Inoltre, la giustizia militare si distingue per celerità. La speditezza che la caratterizza si staglia a paragone con la situazione di gravissima crisi che investe la giustizia ordinaria e che si risolve non di rado in una denegata giustizia[13]o, nella migliore delle ipotesi, in una ritardata giustizia[14], nonostante gli sforzi encomiabili dei magistrati ordinari.[15]
Ça va sans dire, l’Associazione dei Magistrati Militari condivide queste valutazioni[16].
In questa prospettiva, è possibile distinguere tra le proposte volte all’ ampliamento della giurisdizione[17] e quelle tese ad una mera razionalizzazione[18].
Le prime postulano un intervento organico mediante una modifica della nozione di reato militare, prevista dall’art. 37 c.p.m.p.[19], che consenta un più adeguato e completo esercizio della giurisdizione. I proponenti auspicano che costituisca altresì reato militare ogni altra violazione commessa con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, e già prevista come delitto dal codice penale o dalle leggi in materia di armi e droga, ovvero in luogo militare o a causa del servizio militare in offesa del servizio militare o dell'Amministrazione militare o di altro militare.
Le proposte di ampliamento rispondono ad esigenze di garanzia per il militare indagato, che sarebbe sottoposto ad un procedimento solo anziché a due, innanzi a due diverse Autorità giudiziarie. Infatti, attualmente in numerosi casi l’accertamento dei medesimi fatti è attribuito sia all’Autorità giudiziaria militare che all’Autorità giudiziaria ordinaria, a ciascuna delle quali spetta la cognizione di reati diversi anche se tra loro connessi. Inoltre, l’intervento sarebbe giustificato dalla necessità di conferire efficienza ed economicità al sistema, evitando una inutile e dispendiosa duplicità di procedimenti. Infine, lo spostamento di competenze consentirebbe di ridurre l’enorme contenzioso che grava sulla giustizia ordinaria e contestualmente attribuirebbe un maggior carico di lavoro ai magistrati militari. Nel complesso, si tratta di misure che consentirebbero una più efficace tutela degli imputati ed un più adeguato e completo esercizio della giurisdizione senza pregiudicare eventuali future e riforme ordinamentali, che potrebbero richiedere una revisione costituzionale.
Le proposte volte alla razionalizzazione della giurisdizione tendono ai medesimi scopi, ma procedendo con misure minime tese a razionalizzare la giurisdizione militare, intervenendo in modo limitato, specifico e settoriale soltanto su alcuni delitti (peculato d’uso, violenza sessuale, reati di falso ed altre fattispecie).
L’AMMI ha coltivato entrambe le opzioni, redigendo due testi portati inutilmente portati all’attenzione del Governo, ma condivisi nel loro impianto da alcuni parlamentari che hanno avanzato proposte di legge in questo senso[20].
L’AMMI ha poi investito della questione anche l’ANM, la cui Giunta in data 11 dicembre 2015 ha espresso una valutazione favorevole del testo di “razionalizzazione” elaborato dalla magistratura militare associata.
3) Il pendolo di Foucault.
Come è noto, nel 1851 il fisico Foucault diede la dimostrazione scientifica del fenomeno di rotazione della Terra attorno al proprio asse.
Egli appese all’interno del Pantheon di Parigi un pendolo costituito da una sfera di 30 kg attaccata ad un filo lungo 68 metri e lo fece oscillare. In un sistema inerziale, il pendolo avrebbe tracciato linee sempre nella medesima direzione, ma così non fu: a causa della rotazione terrestre, infatti, il pendolo cambiava lentamente e continuamente direzione.
Le posizioni dei politici ricordano un po’ questo fenomeno: non sempre essi mantengono la stessa posizione. Anzi, talvolta, sembra che essi cambino lentamente e continuamente direzione, in una sorta di gioco delle parti che muta nel tempo con un reciproco scambio di maschere[21]. D’altronde, tutto scorre, come ricordava Eraclito, ed è certamente lecito cambiare opinione.
Il Ministro della Difesa sen. Martino, dell’esecutivo Berlusconi I, mostrò interesse alla riforma della legge penale militare e portò avanti un disegno di legge che fu approvato da un ramo del Parlamento, ma non superò il vaglio dell’altra Camera. Invece, in tempi più recenti, nella scorsa legislatura, l’ultimo Governo Berlusconi –essendo Ministro della Difesa on. La Russa- è rimasto sostanzialmente inerte (niente di eccezionale, considerato che per mezzo secolo nulla si è fatto), pur essendo stato elaborata una bozza di codice per le missioni all’estero (il cd. Terzo codice).
All’epoca, era l’opposizione di centrosinistra a spingere per un aggiornamento del quadro normativo. Essa riuscì addirittura a far accogliere dal Senato un ordine del giorno presentato alla seduta del 2 dicembre 2009 dalla sen. Pinotti[22], che impegnava il Governo ad adottare tutte le iniziative necessarie ad emanare un nuovo codice penale militare adeguato per le missioni all’estero. Nulla però si muoveva.
La stessa sen. Pinotti, nel corso della presente legislatura, il 20 marzo 2013, presentava il già citato disegno di legge “Delega al Governo per la riforma del codice penale militare di pace”[23], ma, una volta divenuta Ministro della Difesa, inopinatamente non riteneva più di coltivare l’iniziativa, né di ripresentare la proposta di un terzo codice, pure da lei auspicata pochi anni prima.
A questo punto, all’opposizione si distingueva sul tema il Movimento 5 Stelle, con iniziative –ad avviso di chi scrive- piuttosto demagogiche e non sufficientemente meditate. I grillini, a cui si associavano parlamentari della sinistra, incalzavano il Governo a procedere alla soppressione della giurisdizione militare o comunque alla chiusura (definita eufemisticamente “razionalizzazione”) di uffici giudiziari militari[24]. Il Governo Renzi fortunatamente riteneva di non muoversi neanche in questo senso “distruttivo”.
Nel gioco delle parti, come ricordato, proposte di legge ampliative della giurisdizione militare sono state depositate sia da parlamentari dell’opposizione -l’on. Cirielli (gruppo Fratelli d’Italia)- che della maggioranza -l’on. Marotta (gruppo Alleanza per l’Italia) e il sen. Molinari (gruppo misto – Italia dei Valori).
La presente Legislatura ormai volge al termine. La magistratura militare associata auspica di incontrare una maggiore attenzione e sensibilità da parte del prossimo Governo e del prossimo Parlamento.
4) Conclusioni.
De iure condendo, il riparto di giurisdizione può trovare un assetto migliore e sostanzialmente definitivo attraverso la riforma del diritto penale sostanziale, che è la vera chiave di funzionamento della giustizia militare, e non certo con interventi normativi che riguardino invece l’assetto ordinamentale e l’organizzazione degli Uffici giudiziari.[25]
Come AMMI, siamo convinti che non si possa intervenire sull’assetto ordinamentale (a meno di non voler agire in modo superficiale e estemporaneo) se prima non si è deciso quale modello di giustizia militare si intenda adottare, cioè quali scopi perseguire e tramite quali leggi penali.
In altre parole, in primo luogo occorre individuare il bene/interesse da proteggere e dunque quali norme penali sia necessario ed opportuno applicare in questo settore. Solo di conseguenza si potrà scegliere l’assetto ordinamentale più idoneo a realizzare lo scopo e dunque se e quanti uffici servano all’uopo e quanti magistrati occorrano. Non viceversa.
E allora, bisogna rispondere a un quesito preliminare: è oggi attuale, opportuna, necessaria una giurisdizione militare?
Le sfide e le minacce contemporanee hanno reso le Forze Armate uno degli strumenti principali della politica estera nazionale; esse sono uno dei biglietti da visita dell’Italia nel mondo.
Come Istituzione, hanno una identità, un repertorio di valori e una organizzazione non assimilabile a quelli di qualsiasi altra pubblica amministrazione.
E’ necessario garantire i diritti dei militari e allo stesso tempo tutelare la legalità nelle Forze Armate, mantenendone l’efficienza e la operatività anche mediante una risposta giudiziaria rapida agli illeciti che si verificano.
Per queste ragioni, occorre mantenere la giurisdizione militare speciale, che però deve essere ampia, organica, coerente. E’ necessario applicare norme moderne, assicurando la adeguata tutela del bene/interesse del buon funzionamento delle Forze Armate, e porre fine a una ripartizione di competenze con la giurisdizione ordinaria articolata in maniera del tutto irrazionale.
Infine, desidero sottolineare un ultimo aspetto, che reputo di estrema importanza.
La giustizia militare partecipa al “sistema Difesa” e in ultima analisi–per quanto limitatamente gli compete, in relazione ai reati commessi dai militari nel corso delle missioni all’estero- alla politica estera nazionale.
Il “sistema Difesa” della Repubblica è parte integrante del sistema europeo, oltre che delle organizzazioni internazionali a cui l’Italia aderisce (dall’ONU alla NATO), e concorre ad attuare la Politica Europea di Sicurezza e di Difesa. Anche di recente il Presidente della Commissione europea Juncker ha auspicato più volte di recente a creazione di un vero e proprio esercito europeo.
La riflessione, anche all’interno della magistratura militare, deve essere portata su questi temi. Ci si deve cioè interrogare su quali siano le prospettive della giurisdizione militare ed immaginare quale possa essere il ruolo e il contributo della giustizia militare nell’assetto futuro delle Istituzioni nazionali e sovranazionali.
In questo senso già militano non solo la vasta giurisprudenza militare in tema di crimini di guerra e la ricca opera scientifica di magistrati militari in tema di diritto internazionale umanitario, ma anche il contributo della magistratura militare con attività istituzionali all’estero. Mi riferisco al monitoraggio e alla riflessione giuridica sulla giurisprudenza delle Corti penali internazionali, e alla partecipazione alle missioni europee nell’ambito della Politica Europea di Sicurezza e di Difesa, sia mediante l’esercizio di funzioni giudiziarie nel sistema delle corti internazionalizzate del Kosovo, sia mediante attività di sostegno alle istituzioni giudiziarie e di polizia nel settore della Rule of Law. E’ anche questo un contributo concreto nell’ambito dell’Amministrazione della Difesa nazionale ed europea, e un esempio tangibile della specifica identità dei magistrati militari.
Occorre quindi mantenere in modo chiaro e l’indipendenza della magistratura militare, ma esaltarne il ruolo di magistratura speciale, tra l’altro valutando in modo oculato anche quali debbano essere le regole in materia di autogoverno, evidentemente non ripropositive in modo identico di quelle della magistratura ordinaria.
Occorre infine forse ragionare su un salto culturale da parte di tutti gli “addetti ai lavori”, militari e magistrati militari, approfondendo la formazione professionale con conoscenze specifiche giuridiche e militari, sviluppando buone prassi, evitando inutili appesantimenti procedurali, ma sempre nel rispetto di quel faro irrinunciabile che è il principio di legalità.
[1] S’agapò, in greco: ti amo.
[2] Per comodità di consultazione, riporto il testo dell’art. 264 c.p.m.p. previgente:
“Giurisdizione militare in relazione a determinati reati.
Ai tribunali militari appartiene altresì la cognizione:
1) dei delitti preveduti dalla legge penale comune e perseguibili d’ufficio, commessi da militari:
a) a danno del servizio militare o dell’amministrazione militare;
b) a danno di altri militari, purché in luoghi militari o a causa del servizio militare;
c) con abuso della qualità di militare o durante l’adempimento di un servizio militare;
2) dei delitti preveduti dagli articoli 270, 271 e 272 del codice penale, commessi da militari;
3) del delitto di renitenza alla leva e di ogni altro reato preveduto dalle leggi di reclutamento delle varie forze armate dello Stato, da chiunque commessi.
4) dei delitti di furto, preveduti dagli articoli 624 e 625 del codice penale, commessi a danno dell’amministrazione militare, nell’interno di arsenali, stabilimenti, officine e altri luoghi militari, da persone diverse dai militari in servizio che vi siano addette per ragioni di impiego, ufficio o lavoro;
5) dei delitti preveduti dagli articoli 372, 373, 374, 375 e 377 del codice penale, da chiunque commessi nei procedimenti di competenza dei tribunali militari;
6) dei reati da chiunque commessi in udienza davanti ai tribunali militari e che siano immediatamente giudicati;
7) degli altri reati, la cui cognizione è demandata dalla legge ai tribunali militari".
[3] Come è noto, questo il parametro soggettivo stabilito dalla Carta costituzionale all’art. 103, comma 3.
[4] L’art. 292-bis, comma 2, c.p. stabilisce: "Si considera militare in congedo chi, non essendo in servizio alle armi, non ha cessato di appartenere alle Forze armate dello Stato, ai sensi degli articoli 8 e 9 del Codice penale militare di pace".
[5] Secondo l’art. 263 c.p.m.p., “Appartiene ai tribunali militari la cognizione dei reati militari commessi dalle persone alle quali è applicabile la legge penale militare”.
[6] Articoli 1, 7 ed 8 c.p.m.p.
[7] Corte costituzionale, sentenza 10 novembre 1992, n. 429.
[8] L’art. 8 della L 167/1956 introdusse il nuovo art. 264 c.p.m.p.:” Art 264. Connessione di procedimenti.
(1) Tra i procedimenti di competenza della autorità giudiziaria ordinaria e i procedimenti di competenza dell’autorità giudiziaria militare si ha connessione solamente quando essi riguardano delitti commessi nello stesso tempo da più persone riunite o da più persone anche in tempi e luoghi diversi, ma in concorso tra loro, o da più persone in danno reciprocamente le une dalle altre, ovvero delitti commessi gli uni per eseguire o per occultare gli altri o per conseguirne o assicurarne, al colpevole o ad altri, il profitto, il prezzo, il prodotto o la impunità.
(2). Nei casi preveduti nel comma precedente è competente per tutti i procedimenti l’autorità giudiziaria ordinaria. Non di meno la Corte di cassazione, su ricorso del pubblico ministero presso il giudice ordinario o presso il giudice militare, ovvero risolvendo un conflitto, può ordinare, per ragioni di convenienza, con sentenza, la separazione dei procedimenti. Il ricorso ha effetto sospensivo.”
[9] Questa è la bella e immaginifica espressione utilizzata da Mariastefania Di Tomassi, Presidente della I^ sezione della Suprema Corte, negli indirizzi di saluto al convegno.
[10] Per limitarci alla legislatura in corso, rientrano in questa prima categoria le seguenti proposte:
Atto Camera: 1519 - Proposta di legge costituzionale ALBERTI ed altri: "Abrogazione del terzo comma dell'articolo 103 della Costituzione in materia di giurisdizione dei tribunali militari".
Atto Senato n. 317 - Disegno di legge costituzionale CASSON e altri: " Modifiche agli articoli 102 e 103 della Costituzione in materia di soppressione dei tribunali militari e istituzione di una sezione specializzata per i reati militari presso i tribunali ordinari".
Atto Camera: 2657 - Proposta di legge costituzionale DAMBRUOSO ed altri: "Modifiche agli articoli 102 e 103 della Costituzione in materia di soppressione dei tribunali militari e istituzione di una sezione specializzata per i reati militari presso i tribunali ordinari"
[11] Ricordiamo in proposito:
Atto Senato n. 796 - Disegno di legge ANITORI: "Soppressione dei tribunali militari e delle procure militari della Repubblica di Napoli e di Verona nonché del tribunale e dell'ufficio militare di sorveglianza di Roma".
Atto Camera n. 2679-undecies - Disegno di legge: "Modifiche al codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e al codice penale militare di pace in materia di ordinamento giudiziario militare"
[12] Ci piace qui ricordare, in dottrina, V. Bachelet, Disciplina militare e ordinamento giuridico statale, Milano, 1962.
Come osservato dalla Corte Costituzionale, 11-24 gennaio 1989, n. 24, con riferimento all’art. 52, comma 3, Cost.: <<…”informarsi allo spirito” non vuol dire certo la ricezione pura e semplice di qualsiasi disposizioni della Costituzione, senza alcun riguardo alla particolare natura dell’ordinamento in parola ed alle finalità cui esso è ispirato…>>.
[13] Si pensi al flagello della prescrizione dei reati, che ogni anno colpisce circa 150.000 procedimenti, o alle decine di migliaia di sentenze irrevocabili che restano ineseguite.
[14] Ricordava Carnelutti che l’essere sottoposti a processo costituisce già di per sé una pena. Quindi, più si protrae il processo, più è pesante la condanna.
[15] Le statistiche pubblicate dal Consiglio d’Europa sul proprio sito indicano i magistrati italiani come tra i più produttivi tra quelli dei Paesi membri, mentre risulta che il sistema giudiziario italiano è tra i più inefficienti.
[16] Per conoscere nel dettaglio la posizione dell’AMMI, si rinvia al sito www.associazionemagistratimilitari.it
[17] Atto Camera: 41 - Proposta di legge: CIRIELLI: "Modifica all'articolo 37 del codice penale militare di pace, concernente la definizione di reato militare".
Atto Camera n. 4172 - Proposta di legge a firma dei deputati MAROTTA e SAMMARCO: "Modifiche al codice penale militare di pace e altre disposizioni in materia di reati militari"
[18] Atto Senato n. 240 - Disegno di legge PINOTTI “Delega al Governo per la riforma del codice penale militare di pace”.
Atto Senato n. 2735 - Disegno di legge MOLINARI e altri: "Norme in materia di reati militari e modifiche al codice penale militare di pace"
[19] La norma è icastica e tautologica: “Qualunque violazione della legge penale militare è reato militare”.
[20] Si tratta della proposta dell’on. Marotta e del ddl del sen. Molinari, già citati.
[21] Come non ricordare a questo punto le parole pronunciate dal l’immenso Augusto sul suo letto di morte? : “Fatti entrare gli amici, chiese se sembrava loro che egli avesse ben recitato la commedia della vita e aggiunse la formula finale (delle commedie): Se tutto vi è piaciuto in questo scherzo, applaudite” (Svetonio, Le vite dei Cesari, Augusto)
[22] Ordine del Giorno 9/1850/4 (accolto) presentato da Roberta Pinotti mercoledì 2 dicembre 2009, seduta n.294
Il Senato,
in sede di esame del disegno di legge "Conversione in legge del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia";
premesso che:
le nostre Forze Armate sono impegnate da tempo in numerose operazioni internazionali;
i codici militari di pace e di guerra attualmente in vigore risalgono al 1941 e, nonostante numerose e successive modifiche, non sono adattabili alle nuove modalità con cui il nostro Paese partecipa alla sicurezza internazionale, cioè quella delle missioni internazionali;
il Parlamento negli ultimi anni ha più volte esaminato proposte di legge finalizzate ad una riforma dei codici penali militari di pace e di guerra, senza tuttavia riuscire a completarne l'iter;
i nostri militari continuano ad operare fuori area, in scenari spesso rischiosi, in una situazione di incertezza e dì inadeguatezza delle norme penali in vigore;
è depositato presso il Senato della Repubblica l'atto Senato n. 335, recante "Delega al Governo per la riforma del codice penale militare di pace e introduzione dell'articolo 4-bis della legge 7 maggio 1981, n. 180, concernente l'ufficio militare di sorveglianza";
impegna il governo:
a porre in atto tutte le iniziative utili per l'emanazione di un nuovo codice penale militare adeguato alla realtà delle operazioni fuori area e rispettoso del diritto umanitario internazionale.
(numerazione resoconto Senato G103) (9/1850/4) Pinotti, Scanu, Serra, Pegorer, Negri, Gasbarri, Amati, Del Vecchio
[23] Atto Senato n. 240 - Disegno di legge PINOTTI “Delega al Governo per la riforma del codice penale militare di pace”.
[24] Citiamo, uno per tutti, l’Atto n. 4-05342 pubblicato il 24 febbraio 2016, nella seduta del Senato n. 581, riguardante una interrogazione del Sen. Casson al Ministro della Difesa:
“Premesso che:
con 5 distinti ordini del giorno, accolti dal Governo, al Senato, in data 9 ottobre 2013 e 17 marzo 2015, 9/01015/002 e 0/1577/21/01, nonché alla Camera dei deputati, in data 24 ottobre 2013, 31 luglio 2014 e 19 dicembre 2015, 9/01682-A/028, 9/02486-AR/121 e 9/03444-A/179, nonché con la risposta del Ministro del 19 dicembre 2013 all'interrogazione in IV Commissione permanente (Difesa) della Camera del 3 ottobre 2013, 5-01121, il Governo si è impegnato a porre in essere la razionalizzazione della giustizia militare, anche previa costituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero della difesa, e, di conseguenza, a considerare la soppressione dei tribunali militari e delle procure militari della Repubblica di Verona e di Napoli, nonché del tribunale e dell'ufficio militare di sorveglianza di Roma, con transito integrale del relativo personale magistratuale e di cancelleria agli uffici giudiziari ordinari in carenza organica;
ancora, con l'interrogazione del 30 aprile 2014, 4-04687, presentata alla Camera dei deputati, si chiedeva in merito allo stato dell'arte, circa l'impegno governativo di razionalizzazione della giustizia militare, e con risposta del Ministro della difesa del 24 settembre 2015 si richiamavano il disegno di legge (AC 2679-undecies) di riduzione degli uffici giudiziari militari, derivato dallo stralcio del disegno di legge di stabilità per il 2015, nonché il disegno di legge costituzionale d'iniziativa parlamentare Dambruoso (AC 2657), di soppressione della giurisdizione penale militare attraverso la modifica degli articoli 102 e 103 della Costituzione;
ravvisato che alcuno dei disegni di legge richiamati dal Ministro della difesa risulta aver avviato il proprio iter in Commissione,
si chiede di conoscere a quale concreto stadio si trovi l'azione di razionalizzazione della giustizia militare, anche circa la costituzione di un gruppo di lavoro in materia presso il Ministero della difesa, alla luce dei plurimi impegni a tal fine assunti dal Ministro in Parlamento e ad oggi pacificamente disattesi.”
[25] In questo senso depone purtroppo il Libro Bianco della Difesa, in cui è succintamente auspicata la costituzione di sezioni specializzate militari in seno alla giustizia ordinaria