th1Eventi

Visita del Ministro della Difesa on. Mauro al Consiglio della Magistratura Militare

data 16/07/2013

Il 16 luglio 2013, il Ministro della Difesa Mario Mauro ha partecipato, a palazzo Cesi, alla seduta del Consiglio della Magistratura Militare


Il Ministro ha voluto sottolineare l’importanza della giustizia militare quale organizzazione finalizzata all’esercizio della funzione Difesa. Fondamentale rilievo, nel discorso del Ministro Mauro, anche la professionalizzazione delle Forze Armate ed il riordino dello strumento militare, la razionalizzazione dell’organizzazione giudiziaria militare e, soprattutto, la valorizzazione delle professionalità del personale di magistratura . chiamata ad essere parte attiva nel cambiamento imposto dalle nuove sfide cui sono chiamate le Forze Armate del futuro.

 

 

Dal verbale della riunione del Consiglio della Magistratura Militare del 16 luglio 2013:

 

Prende la parola il Presidente dott. Giorgio Santacroce.

Signor Ministro,

desidero rivolgerle innanzi tutto, a nome di tutti i componenti del Consiglio della Magistratura Militare che ho l’onore di presiedere e mio personale il ringraziamento più vivo e sentito per questa sua visita a Palazzo Cesi per porgerle un fervido saluto di benvenuto.

La sua presenza in questo consesso riveste un significato particolare perché nell’ambito della giurisdizione militare il Ministro della Difesa ha le stesse prerogative ed attribuzioni che spettano al Ministro della Giustizia nei confronti della giurisdizione ordinaria a dimostrazione e conferma di una collaborazione istituzionale e di una responsabilità condivisa tra il Ministro della Difesa e l’organo di autogoverno della Magistratura Militare nella gestione di una corretta ed efficiente amministrazione di questo ramo della giustizia.

Nelle relazioni inaugurali dell’anno giudiziario, più che indugiare nell’illustrazione dei dati statistici che rivelano ictu oculi la modesta quantità del contenuto dell’attività che si svolge in questo settore della giurisdizione, si preferisce riflettere ormai da tempo sui problemi di fondo che condizionano lo svolgimento e i risultati di questa attività segnalando l’anacronismo di una situazione segnata dalla compresenza di due fenomeni incompatibili sul piano della coerenza e della razionalità complessiva del sistema: da un lato il riconoscimento dei valori costituzionali relativi alla giurisdizione realizzati nell’apparato giudiziario militare attraverso le riforme ordinamentali intervenute negli anni ottanta, prima fra tutte l’introduzione del secondo grado di giudizio e dall’altro la graduale erosione della competenza degli organi giudiziari militari chiamati oggi ad applicare i frammenti residui disomogenei di una normativa penale sostanziale risalente al 1941 per finalità di tutela sostanzialmente diverse rispetto alle esigenze e l’impegno delle forze armate nell’attuale momento storico.

Gran parte delle previsioni contenute negli attuali codici penali militari e in specie quelle di più frequente applicazione relativa ai reati contro il servizio e la disciplina militare, oltre a riflettere una scala di valori storicamente determinata, sono stati rivolti all’inizio ad una componente umana costituita da un gruppo di pochi capi e di molti gregari operanti in un contesto di cui non si conoscevano situazioni intermedie tra pace e guerra. Su questo versante non può non tenersi conto, per i suoi riflessi sull’attività giudiziaria militare, della profonda trasformazione intervenuta nelle forze armate per effetto del superamento del principio della normale obbligatorietà del servizio militare e l’ammissione al servizio civile sostitutivo, diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della patria.

L’uno e l’altra hanno creato i presupposti di un cambiamento che va al di là delle strutture degli apparati esistenti e coinvolge l’essenza stessa della difesa nazionale.

La materia del diritto penale militare è considerata non a caso speciale presentando una valenza criminologica del tutto peculiare, avendo ad oggetto un tipo di illecito penale che, quasi delictum naturale, un antico anelito vorrebbe legato essenzialmente al tempo di guerra e sul quale in tempo di pace non c’è uniformità di vedute nemmeno a proposito dell’individuazione degli elementi essenziali e costitutivi della fattispecie né su quale debba essere in realtà l’effettiva portata e la delimitazione del suo ambito applicativo.

Di questa specialità è chiara testimonianza la ritenuta inapplicabilità ai procedimenti celebrati dinnanzi agli organi giudiziari militari delle varie modifiche processuali succedutesi a partire dal 1998 e che hanno profondamente inciso sull’assetto organizzativo del processo penale ordinario. Ma è proprio la specificità della normativa relativa al diritto penale militare che deve conferire alla previsione costituzionale contenuta nell’art. 103, 3° comma, della costituzione sulle tradizionali competenze dei tribunali militari un significato nuovo, più moderno e stimolante.

Senza formulare opzioni a favore dell’una o dell’altra ipotesi teorica di riforma prospettata e che mi sono premurato di sintetizzare nella nota che le ho inviato lunedì scorso, peraltro senza alcuna pretesa di completezza di completezza, è un dato di comune osservazione che il legislatore ha sempre mostrato una forte ritrosia ad intervenire in questo settore avendo eluso il compito di riformare i codici militari e di assicurare un adeguato raccordo tra il rito penale militare e quello comune. Sintomatico sotto questo aspetto è il paradigma normativo di indubbia persistente centralità offerto dall’art. 261 del codice penale militare di pace che continua a suscitare perplessità interpretative e incertezze applicative. E’ diventato dunque indifferibile e non più rinviabile il problema della riforma dell’intero sistema penale militare fondato sulla distinzione tra un codice di pace, su cui spesso e volentieri è intervenuto il giudice delle leggi con pronunce dichiarative d’illegittimità costituzionale, e un codice di guerra la cui mancata applicazione dopo l’avvento della costituzione ha fatto venir meno l’occasione di eliminare buona parte delle norme che contiene e che sono in aperto contrasto con i principi della carta fondamentale dello Stato. Se per un consistente numero di norme contenute nel codice penale militare di pace s’impone un’adeguata e pronta revisione, non potendosi immaginare che la contrazione del substrato umano delle forze armate per effetto dell’eliminazione dell’obbligatorietà del servizio militare possa vanificare il rischio di devianze di ripiego e di repressione penale è altrettanto urgente nel tempo presente il pieno adeguamento ai valori costituzionali delle norme contenute nel codice di guerra, considerato che le nostre forze armate sono sempre più impegnate all’estero in operazioni militari di tipo bellico e d’adempimento agli obblighi internazionali assunti dal nostro paese. Va da sé che poiché non si può fingere d’ignorare che le concrete condizioni di svolgimento delle attività in corso dei militari italiani operanti all’estero sono assai simili a quelle proprie dei conflitti armati e quindi non assimilabili alle consuete attività delle parti in tempo di pace sembra evidente l’inadeguatezza degli strumenti legislativi disponibili, sia sotto il profilo dell’inquadramento giuridico delle fattispecie concrete sia sotto quello dell’effettività della tutela. Di qui la necessità che il legislatore dedichi specifica attenzione al problema delle lacune relative al settore di maggior rilievo in cui sono impegnate al momento le forze armate italiane, a prescindere dall’opportunità d’interventi più ampi sul contenuto di una giurisdizione scarsamente operativa e destinata in futuro a una pressoché completa inattività.

In attesa di qualche accadimento che possa dare un senso compiuto all’esistenza della giurisdizione militare gli organi giudiziari impegnati in questo settore continueranno ad operare nel doveroso rispetto del principio di soggezione alle leggi vigenti offrendo la loro piena disponibilità sul piano tecnico affinché questa giurisdizione, dotata di garanzie di autonomia ed indipendenza di livello pari a quello della giurisdizione ordinaria, possa continuare a risaltare come materia viva e vitale, più adeguata però a imprescindibili canoni di funzionalità ed efficacia a tutela dei principi organizzatori delle forze armate e della domanda di giustizia che ne consegue.

Prende la parola il Signor Ministro della Difesa Sen. Mario Mauro.

Grazie Presidente, grazie anche ai componenti del Consiglio della Magistratura Militare, io vi ringrazio molto per l’invito che mi avete rivolto a partecipare a questa vostra seduta che è un’occasione, per me, non solo di prima conoscenza, ma anche di opportunità importante di confronto e di riflessione sulle tematiche della giustizia militare e della legge penale militare.

In questo senso, la mia presenza oggi vuole essere la testimonianza dell’attenzione che, nell’adempimento del mio mandato, intendo riservare all’area della giustizia militare.

Ho un enorme rispetto per l’alta funzione che svolge il Consiglio ed anche per la sua attività consultiva nelle materie riservate alle istituzioni che rappresento, dell’organizzazione, del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia militare. Già il legislatore costituente riconobbe la necessità di una giurisdizione speciale, che cioè tenesse conto della specificità delle Forze armate, (art. 103, comma 3, della Costituzione), una giurisdizione nella Forza armata, consapevole quindi del peculiare disvalore sotteso alla violazione delle prescrizioni penali militari, in un contesto in cui anche la più inoffensiva delle violazioni può rivelarsi pregiudizievole dell’efficiente operatività dello strumento militare. Ricordo a tutti e a me stesso che questo Governo, nel discorso introduttivo, l’unico ad oggi suffragato dal voto di fiducia delle Camere, ha messo in evidenza tra i temi di priorità la specificità della condizione militare.

Una giurisdizione, quella militare, che - assicurando il rispetto delle regole - è guardiana del corretto e funzionale utilizzo della forza per il fine per il quale essa, nel rispetto degli accordi internazionali, è consentita dal popolo sovrano, cioè quello del presidio della libertà e della pace.

Libertà e sovranità che significano possibilità di partecipare a pieno titolo alle organizzazioni europee e internazionali e di tutelare il bene collettivo anche attraverso la partecipazione delle Forze armate alle operazioni in territorio estero - come richiamato dal Presidente Santacroce - con contingenti impegnati in finalità di peace keeping e peace enforcing.

L’evoluzione perciò del ruolo delle Forze armate, sempre più impegnate sul versante internazionale, ha già richiesto nel tempo interventi volti ad adeguare lo strumento militare al mutato quadro geostrategico ed economico, con una contestuale riqualificazione della spesa.

Il passaggio dal vecchio modello di Forza armata, basato sulla leva obbligatoria, a uno totalmente professionale ha rappresentato il momento di svolta nella riconfigurazione del sistema generale della difesa di cui la magistratura militare è parte.

La legge delega n. 244 del 2012, peraltro in maniera anche più spinta rispetto alla normativa generale sulla spending review, mira, attraverso una riduzione degli organici e una razionalizzazione strutturale, a rendere più efficiente la qualità delle spese militari in piena coerenza con le risorse disponibili nell’attuale quadro economico finanziario.

E anche il sistema della giustizia militare è chiamato ad un processo di riorganizzazione della spesa e di razionalizzazione dell’organizzazione, peraltro già richiesta dal legislatore con l’art. 101 del D.L. 13 agosto 2011 n. 138, convertito con legge n. 148 del 2011.

Un importante intervento riformatore nel settore è stato già attuato con la legge finanziaria per il 2008: è la soppressione di sei tribunali militari e delle relative procure, nonché delle due sezioni distaccate della Corte Militare di Appello.

E’ necessario in questo senso andare avanti nel processo di riforma attraverso la razionalizzazione sia della giurisdizione sia della legislazione penale che seppur con qualche aggiustamento operato dalla giurisprudenza costituzionale, ruota ancora intorno all’originario impianto normativo risalente al 1941.

So che l’esigenza del cambiamento è avvertita nell’ambito della magistratura militare, le modalità per attuarlo sono dibattute e ruotano, mi pare di aver compreso, attorno a tre principali posizioni:

1°- mantenimento della magistratura speciale nella Difesa e razionalizzazione della sfera di giurisdizione militare, attualmente risultante disegnata in modo disomogeneo e frastagliato;

2°- abolizione invece della giurisdizione speciale con contestuale creazione di sezioni specializzate presso gli Uffici Giudiziari ordinari, attraverso le necessarie modifiche della Carta costituzionale;

3°- mantenimento della giurisdizione speciale in ambito Difesa, ma con la previsione per esempio di un’unica sede giudiziaria in Roma e competenza limitata ai soli reati militari commessi all’estero in occasione delle già richiamate missioni internazionali.

Sia nella precedente che nell’attuale legislatura si registrano proposte di riforma, di uno è artefice anche uno dei miei Sottosegretari, la Sottosegretaria Pinotti, oggetto di discussione in più sedi, volte ad una rivisitazione ed attualizzazione del codice militare di pace e della giurisdizione militare, anche con modifiche costituzionali.

Questo Governo, lo dico con semplicità, vorrebbe essere aiutato da voi a sciogliere questo nodo.

E quindi metterci nelle condizioni, tutti insieme, con qualcosa che sia originato dalla vostra sensibilità e fatto nell’interesse non solo però della magistratura militare, bensì dell’intera struttura della Difesa e ancor più dei cittadini italiani e arrivare a una soluzione.

Il Ministro e il Governo quindi ritengono che la razionalizzazione della giurisdizione militare sia improcrastinabile per valorizzare il contributo al servizio giustizia da parte della magistratura militare di cui si vuole esaltare la professionalità. Gli interventi di carattere sistematico dovranno dunque essere mirati alla funzionalità, alla produttività ed all’efficienza dell’intero settore della giustizia militare, sottoutilizzato per effetto della contrazione dei procedimenti conseguente alla professionalizzazione delle Forze armate.

Il percorso dovrà quindi avvenire tenendo in considerazione il mutato assetto dello strumento militare professionale, ma soprattutto tenendo presente che sono prioritarie per il Governo e le Forze armate, la tutela e la garanzia, - lo dico oggi che viviamo condizioni, in questo senso, assolutamente particolari, - la tutela e la garanzia della certezza delle situazioni giuridiche del personale militare impegnato nelle missioni internazionali, comunque predisposte e formulate.

In relazione a tale priorità l’ammodernamento e la razionalizzazione dovranno riguardare sia la configurazione sul territorio degli uffici giudiziari, sia la disciplina codicistica. Andrà verificata l’opportunità di introdurre una generale disciplina ad hoc per tutte le missioni internazionali, - il cosiddetto “terzo codice” - che corrisponda efficacemente alle nuove peculiari esigenze riscontrate nei teatri operativi esteri.

In definitiva l’intendimento di questo Governo e del Ministro della Difesa è di capitalizzare al massimo le risorse del sistema della giustizia militare e valorizzare la professionalità del personale di magistratura concentrando la funzione della giurisdizione speciale sulle nuove esigenze che le Forze armate sono chiamate ad affrontare.

In tal senso, quella di oggi è solo la prima tappa di un percorso rispetto al quale mi sento di dover prescindere, per lo meno in una affermazione, dal mio ruolo di Ministro per rifarmi alla mia esperienza di studente di filosofia. Per quel che mi riguarda il problema è in realtà, - com’è dimostrato dal mio impegno per ottenere dal Presidente Letta di rimarcare in quel discorso introduttivo il tema della specificità militare, - risolto; ed è risolto, in termini filosofici, perché semplicemente va normato tutto ciò che esprime una quiditas rei materialis e la quiditas rei materialis esiste semplicemente perché esistono res militaris; il fatto cioè che ci sia un organismo e organizzazioni che presiedono a dirimere ciò che è collegato alle res militaris è un tutt’uno con la necessità di produrre quella specificità anche in ordine alla giurisdizione. Questo è il pensiero del Ministro, questa è la lettura del Ministro, questa è la sensibilità del Ministro che chiede di potersi incontrare e sostenere quanto chi ha cognizione e fondamento è in grado di esprimere e potenziare attraverso la propria sapienza e disciplina. Per questo parlo di tappa: tappa di un percorso di cui la magistratura militare dovrà essere, con il Ministro della Difesa, parte attiva del cambiamento e ritengo che sia utile anche il confronto e la sinergia con il sistema di giustizia ordinaria. Non intendo eludere quel confronto e, - come sa già il Presidente Santacroce con il quale c’è più di un’intesa sull’argomento, - vorrei coinvolgere già da un prossimo eventuale appuntamento il titolare del Dicastero della Giustizia in modo che non vi siano dubbi sull’orientamento che ognuno intende esprimere e, perché non ci si trinceri dietro argomentazioni a posteriori, ma invece, mettendo in sinergia un pensiero, si diventi capaci di reali spazi di collaborazione tra i due dicasteri, nell’interesse dei cittadini e direi anche della comunità internazionale.

Questo è un punto particolarmente controverso sul quale c’è bisogno del lume della giurisprudenza italiana e del lume della cultura di giustizia italiana. Viviamo cioè in una circostanza, basterebbe leggere l’art. 42 del trattato di Lisbona, l’articolo 42, capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, per comprendere come alla luce di affermazioni che quei testi fanno, che prevedono interventi di cielo, di terra e di mare, per sanare ciò che le risoluzioni delle Nazioni Unite in prima battuta non riescono a sanare e comprendere che da questo poi discende la difficoltà del normare ciò che accade sul terreno delle implicazioni che queste pongono tra Nazione e Nazione, ma anche tra cultura giuridica e cultura giuridica.

Proprio per questo non solo non immagino un ruolo di desaparecidos per la magistratura militare, ma immagino invece un ruolo che, approfondendo il proprio specifico e ritrovando la propria quiditas rei materialis, sia proposta e punto di riferimento per il superamento delle contraddizioni della giustizia insite non solo sullo scenario nazionale, ma in termini globali.

Vi ringrazio.